martedì 16 febbraio 2010

Requiem per un router

Oggi sopporterete questo mio grido solitario di dolore.
Il compagno di mille avventure e viaggi, che ormai da due anni mi scortava nelle mie scorribande internettiane - la peggiore di tutte certamente questo blog che, dovete sapere, scrivo quasi esclusivamente dal mio netbook - si è spento. Tra lancinanti grida di dolore, cigolii da far tremare la spina dorsale al più burbero dei machi, e incoraggiamenti più o meno velati all'eutanasia - "Tappami Levante, tappami" mi sussurrava nel buio della notte - ho desiderato ardentemente, per il suo bene, la fine.
Led rosso, pulsante sull'off, e il mio router wifi non c'è più. Sono solo.

Certo, le necessità impellenti mi hanno costretto a sostituirlo con uno nuovo, uno di questi di nuova generazione, tutto muscoli e addominali, brache calate, maglietta attillata e mutanda firmata ostentata.
Veloce come il vento e predisposto per ogni lazzo e vezzo che un affranto signore come me possa desiderare.
Ma non sarà mai più come prima.

Vi lascio, a mo' di epitaffio, con una frase tratta da 'Suttre' del grande Cormac McCarthy a proposito della sua città natale: "Solo le forme primitive sopravvivono"...

Ahimè, non sempre ha ragione lui
J_One

lunedì 18 gennaio 2010

Best of 2009

Chiariamoci subito su un fatto fondamentale: odio le classifiche. Ergo, questa non è una classifica, in alcun modo.
Sono solo delle segnalazioni che mi sento di fare in quanto queste 'letture', sempre intese nell'ampia accezione che io assegno al termine, mi hanno colpito.
Sottolineo anche che questa è una lista di cose che io ho letto nel 2009, non cose pubblicate nel 2009, e c'è una bella differenza.
Dunque, iniziamo la rumba delle cose notevoli:
1) facile facile: L'ultimo vero bacio di James Crumley, ne ho parlato qui
2) Cime tempestose: ebbene si, l'ho letto solo questa estate, tra i tripudi delle mie amiche cresciute a pane e classici - i maligni dicono che l'ho fatto solo per quello. Ah, io sono maligno...
Che dire, Heathcliff ti entra nel cuore dalla prima pagina e non ti molla fino all'ultima, e chi di voi maschietti non ha mai incontrato la sua Catherine? Impossibile non soffrire delle sciagure di questo uomo capace di sentimenti così possenti e definitivi.
Lancio una provocazione, ma neanche tanto tale: il romanzo è bellissimo, ma il mio gusto rifugge tutte quelle frasi arzigogolate tipiche dei classici. Mi sono immaginato la stessa storia raccontata, che so, da un Cormack McCarthy e allora mi sono venuti i brividi veramente, 100 pagine di meno e il romanzo una stilettata al cuore!
3) Oltre il nido dell'acquila, racconto di Alastair Reynolds: ne ho accennato brevemente qui
4) la prefazione di La struggente storia di un formidabile genio, di Dave Eggers: ragazzi, questo è un capolavero vero e proprio, la prefazione intendo. Eggers a ruota libera, 30 pagine di delirio puro e semplice sorretto da una scrittura magistrale. Fidatevi!
5) Vedi di non morire, strampalatissimo romanzo d'esordio di Josh Hazell: lo segnalo non tanto perchè sia un capolavoro - non lo è - quanto perchè è divertentissimo. E' un noir, una sorta di torbidissimo incrocio tra un hardboiled e un serial medico, tipo Dr. House o Grey's Anatomy. Se detta così vi fa rimanere basiti, è perchè lo rimarrete
6) Il mercante e il portale dell'alchimista, di Ted Chiang: è il primo racconto di Chiang che ho letto, e adesso ho capito perchè qualunque racconto che scrive vince premi a mani basse. Questa è una storia d'amore esotica, dolcissima e personalissima travestita da paradosso temporale, e vi assicuro non vi resterà indifferente. Di Chiang parlerò in seguito, non appena riuscirò a terminare la sua meravigliosa antologia Storie della mia vita, che raccoglie quasi tutto quello che ha pubblicato
7) Come ladro di notte, romanzo di fantascienza italiana scritto da M.A: Miglieruolo. Mai visto, nella mia vita di lettore, un libro con così tanti difetti tenermi incollato alla pagina. Da tanti punti di vista è un mattone terribile, è un romanzo completamente impostato su vari problemi filosofici e teologici e, come tale, non sempre scorre adeguatamente. Inoltre, scritto a fine anni '60, soffre - o beneficia, a seconda dei punti di vista - di una fortissima sperimentazione sul linguaggio. Il risultato è un qualcosa di letteriamente unico, potrà piacervi o potrete odiarlo, ma mai vi resterà indifferente. A me, nonostante i moltissimi difetti, è piaciuto molto.


Segnalazione fuori concorso: sto leggendo, per quanto sia possibile usare questo verbo, Contro il giorno di Thomas Pynchon. Ho terminato la prima parte, circa 130 pagine e quindi circa un decimo del libro.
Invito tutti a recuperare l'ultimo Pulp libri e leggersi uno stupefacente articolo di Umberto Rossi che recensisce - avete capito bene, recensisce! - questo ennesimo mostruoso parto di Pynchon.
Il mio commento è uno solo: la fine della letteratura. Non capisco come si possa pensare di poter scrivere qualcosaltro quando ci sono cose come Contro il giorno in giro. La mente che l'ha partorito può essere considerata 'umana' nello stesso modo in cui un australopiteco potrebbe considerare 'australopitetico' un essere umano di oggi.
Pynchon è intellettualmente un secolo avanti a tutti noi, e dobbiamo farcene una ragione.

Buone letture!

martedì 22 dicembre 2009

Lettera aperta a due delusioni

Carissimi lettori, ahimè sono deluso. Ma parecchio, e precisamente per un paio di questioni che vado appunto a dibattere.

X, di Cory Doctorow

Cory, ci contavo tanto su questo tuo romanzo, in assoluto uno di quelli che attendevo di più.
Devo riconoscerti un coraggio immane: scrivere un libro per sostenenere non tanto la fascinosità intrinseca della figura dell'hacker nella società contemporanea quanto il suo essere primigenio simbolo di libertà, uguaglianza e fratellanza, beh... ci vogliono degli attributi e te ne faccio grande merito.
Non contento, beato te,decidi di tratteggiare questo tuo quadretto già ardito sullo sfondo di un vero e proprio sabotaggio informatico delle attività governative ideato e fortemente voluto dal tuo personaggio principale come inno alla libertà durante un attacco terroristico.
Ora, non è che sia particolarmente ispirato dalle attività governative di qualunque genere, ma è indubbio che chiunque di noi sarebbe disposto a tollerare molto più del normale in una situazione come quella.
Tu, coraggioso, estremizzi la situazione per dimostrare comunque le tue ragioni, ti fa onore.
Dicevo del tuo personaggio principale, un ragazzo di 17 anni. Al quale metti in bocca tanto fervore e tanta ingenuità, ma stiamo sempre parlando di un 17enne che recita la dichiarazione di indipendenza in classe come giustificazione per la sua disubbedienza...

Insomma, se non lo avete già capito, X è un libro a tesi, ovvero quei libri che sono pensati e scritti per dimostrare la tesi dell'autore. Che, di solito, incappa nell'errore di scrivere per sè e non per i propri lettori. Lo adorerete se siete già della stessa idea dell'autore, vi lascerà indifferenti se non la condividete.
Potrebbe essere un problema non gravissimo se il racconto, la narrazione, la scrittura, insomma il romanzo fossero di alto livello. Purtroppo qui il romanzo non esiste, avete appena fatto i conti con un saggio romanzato, che indubbiamente ha il merito di far riflettere su tanti aspetti della nostra vita quotidiana e sul nostro rapporto col potere costituito (PS: se potere costituito vi sembra ingenuo, sappiate che il libro è pieno di loro, il sistema, il governo, ecc ecc. siete avvertiti).

Cormak McCarthy

Caro CMC, prima di avercela con te devo fare un disclaimer grosso come una casa ok?
Dichiaro quindi che sto riportando quello che mi ha detto un amico di una frase tratta da un intervista di Viggo Mortensen, attore che interpreta il personaggio principale di The road, film tratto dal tuo meraviglioso libro La strada.
Film che peraltro non ho visto in quanto non distribuito in Italia (e su questo argomento mi impongo il silenzio...).

Chiarito che giornalisticamente quello che vado a scriverti è monnezza allo stato puro, voglio pur sempre ricordarti che Viggo ha dichiarato che per interpretare il personaggio non ha avuto bisogno di altro che di parlare con te di come intendi la paternità.
Oibò.

[Flashback: La Strada racconta del viaggio di padre e figlio piccolo nei resti di un mondo distrutto da una non ben precisata guerra nucleare avvenuta anni prima. Lo scenario è semplice: quasi sempre buio, freddo perenne a causa delle polveri disperse nell'atmosfera, niente cibo, carburante, legna da bruciare, chi è sopravvissuto è in assoluto il peggior problema che puoi incontrare.
La critica giornalistica l'ha bollato come un film sulla paternità ovviamente, immagino sulla scorta della dichiarazione di cui sopra. Fine flashback]

Intendiamoci: dire che il libro è bello equivale a denigrarlo. E' in assoluto una delle cose più belle e emozionanti che abbia mai letto, soprattutto perchè tutti i momenti salienti sono raccontati solo attraverso dialoghi tra padre e figlio, e sono tutte stilettate al cuore nessuna esclusa.

Ora, non so quali elementi del libro vengano esaltati nel film, e neanche mi interessa molto quello che tu pensi di aver scritto - se davvero pensi di aver scritto un libro sulla paternità - a me interessa quello che hai veramente scritto.
E dire che La Strada è un libro sulla paternità è come dire che... che... beh non mi viene un paragone sufficientemente banale!

Insomma, la paternità è il livello iper superficiale del testo, e va bene.
Forse ti dimentichi le 3 pagine in cui racconti della madre del figlio - non riesco a pensarla come moglie del padre, scusami. Non spoilero niente per chi deve ancora leggere, ma non mi pare azzardato affermare che la figura della madre introduca un approccio molto, molto critico al concetto di genitorialità (e non solo parternità). E già qui il discorso si complicherebbe non poco.

E che dire di quei continui dialoghi, con le domande incalzanti del figlio (esempio, neanche troppo inventato: papà, perchè quel tizio straccione e ossuto mi vuole mangiare? giusto per capire l'atmosfera) e le risposte blaterate del padre che non riesce ad affrontare la realtà che lo circonda, ma si rifugia costantemente - in un peraltro splendido e continuo gioco di specchi - in quella che le domande del bambino gli presentano?
Non vogliamo associare alla paternità anche la capacità di fornire al figlio la guida, gli strumenti per affrontare la vita, pur tremenda che sia?

Quello de La strada non è in sostanza un padre talmente buono, premuroso e compiacente nei confronti del figlio da essere quasi inetto, genitorialmente parlando?

Ovvio che la mia è una provocazione, ma sarei veramente curioso di qualche commento da chi ha letto il libro.

mercoledì 9 dicembre 2009

Letture di novembre

... e forse anche di ottobre, ma non fatemi fare il precisino via.
Questo post diventerà una norma, nel senso che ogni mese (più o meno) vi aggiornerò le mie "letture", e alla fine capirete il perchè delle virgolette.

X, di Cory Doctorow
Ahimè, la più grossa delusione dell'anno (letterario).
Ma ne parlerò più estesamente in un post dedicato, perchè l'argomento merità comunque un approfondimento

Alastair Reynolds
Non è ovviamente un titolo, ma un autore inglese di fantascienza, giovane e strombazzato a piene mani da tutta la critica di settore.
Siccome sono curioso, mi sono procurato tutto ciò che esiste in italiano di lui, ovvero in ordine cronologico di pubblicazione:
 - la guglia di sangue, su Nova*SF (ottimissima rivista di fantascienza formato libro e iperprofessionale che purtroppo si può acquistare solo on line, editore Elara)
 - i giorni di turchese, altro Nova*SF
 - oltre il nido dell'acquila, racconto apparso nell'ultimo Millemondi Estate di Urania
 - Rivelazioni, romanzo appena pubblicato da Urania in due numeri separati

Premettendo che ci tornerò sopra, che dire: la critica mai come in questo caso ha avuto ragione.
In Reynolds c'è tutto quello che un appassionato di fantascienza può desiderare in un libro: creazioni epiche, mistero, avventura, estrapolazione scientifica e sociale (ma c'è poi differenza?), abilità letteraria. Come difetto, trovo solo alcuni passaggi troppo forzati, cose insite nella trama che accadono troppo in fretta.
Venialità, credetemi.

La guglia di sangue è una struttura aliena, una torre, rinvenuta su un pianeta sperduta. Uno dei personaggi riunisce un gruppo di soggetti dotati di mezzi, capacità e forza di volontà - quindi pericolosissimi, per gli altri e per se stessi! - per affrontare la quest: arrivare in cima alla torre, che pare essere composta da una serie di stanze attraverso le quali si può viaggiare solo risolvendo dei puzzle di vario genere. Gli errori si pagano con dolore, mutilazioni, morte.
Detta così, sinceramente, sarebbe banalità. Il punto è che il romanzo parla di altro, crea questo sfondo avventuroso per raccontare le ossessioni dei personaggi e quello che sono disposti a sacrificare per perseguirle. La tensione è ottima fino alla conclusione, molto soddisfacente. In una parola, bello!

I giorni di turchese è ambientato invece su un pianeta coperto da un oceano che è, in verità, l'habitat di un'intelligenza aliena che attraverso la flora oceanica comunica con chi vi si immerge, facendolo partecipe dei ricordi di tutti quelli che vi hanno nuotato in precedenza.
Il racconto oscilla nei toni fra il misticismo dell'esperienza dei nuotatori e il rigore degli scienziati che cercano di comprendere il fenomeno senza alterare l'habitat naturale, ma alla radice è un libro sui cambiamenti che può subire una società sottoposta a stress.
Forse meno intenso del precedente, ma comunque profondo e sempre interessante. Bello, ma non il primo racconto che consiglierei di Reynolds.

Oltre il nido d'acquila è invece un racconto molto breve, parla di un equipaggio che si perde nello spazio. Altra banalità. In questo caso è il montaggio tarantiniano del racconto a fare la differenza, ossessivo e pieno di (finti?) flashback e flashforward. Ottimo, veramente.

Rivelazioni invece è l'unico romanzo del lotto. E' evidente il più ampio respiro del racconto, e qua fanno la parte del leone le invenzioni sociali e tecnologiche, sconvolgenti e profonde. Veramente splendido.

Purtroppo tutto questo materiale è piuttosto difficile da recuperare, ma se lo trovate, acchiappatelo senza neanche pensarci un secondo!

Bioshock
Il casus belli della trama di Bioshock rasenta il ridicolo. Lo sfigato di turno precipita in mare con un aereo, sopravvive, nuota fino a uno scoglio che ha un monumento sopra, si arrampica, trova un entrata e un ascensore che lo porta giù: benvenuti a Rapture.

Da questo momento in poi, i vostri nervi avranno poco per cui stare allegri.
Rapture è una città oceanica, costruita segretamente negli anni 50 da un genio pazzoide, che ha tirato su il proprio paradiso, un mondo dominato da un capitalismo sfrenato a sfondo scientifico a cui ha - oltretutto - rimosso uno ad uno qualunque principio di convivenza e rispetto umano che sia anche solo lontanamente concepibile.
Quello che narrativamente colpisce e l'atmosfera della città: vivida, impressiva, terrorizzante eppure sempre affascinante. Respirete ansia con sentori di umidità.
Non credete comunque che vi siano risparmiate scelte morali tremende: sopravvivere a Rapture, che non è esattamente deserta...,  comporta fare uso smodato di modifiche genetiche, che possono essere attivate solo succhiando tutta l'energia vitale alle bambine sopravvissute, ormai ridotte a zombie violente e assassine. C'è però la possibilità di salvare le bambine, succhiando poca energia, liberandole ma consegnandole anche a un mondo di  crudeltà assoluta. E quell'energia serve per sopravvivere... serve serve serve!

Giocatelo e lasciatevi trascinare in un racconto meraviglioso su PC, Xbox e PS3

Alan Ford
Tv sorrisi e canzoni sta ristampando in volumetti rilegati le prime storie di Alan Ford e il gruppo TNT. Non fatevi scappare la ristampa di queste fantastiche storie di satira sociale, pesante ma pesante veramente, io non vedo l'ora che arrivi Superciuk, il supereroe che ruba ai poveri per dare ai ricchi, con la fiatella vinosa mefitica!! Stupendo, e bella anche l'edizione.

domenica 29 novembre 2009

La strana coppia

Oggi vado a ripescare una lettura dello scorso anno, perchè sono in vena di parlare di coppie strane e litigiose. Ovviamente anche geniali, altrimenti che gusto c'è.

Il libro è una raccolta di racconti del maestro del racconto, Principianti di Raymond Carver.
Carver è straconosciuto e non mi metterò certo io a raccontarvi chi è, ma il personaggio che ci interessa nella nostra strana coppia è il suo amico/editor Lish.

Costui ha operato impunemente quello che quasi tutti voi che leggete definireste un atto di lesa maestà: quando Carver gli spediva i racconti, lui li tagliava e li pubblicava così, massacrati, mandando su tutte le furie il povero scrittore defraudato del suo ego letterario.
Fino a questo punto, tiro a indovinare ma credo di prenderci, starete tutti pensando che questo Lish doveva essere una gran brutta persona.

Andiamo più a fondo.
Lish non riscriveva niente. Si è sempre limitato a togliere. Eliminava battute, dialoghi, scene intere a volte. Si legge in giro che alcuni racconti sono stati sforbiciati del 70% delle parole.

Siccome io sono malato di mente, l'anno scorso sono uscito dalla libreria con 2 bei volumi in mano, uno col titolo riveduto da Lish "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore", l'altro col titolo originale Carveriano "Principianti".
Come avrete intuito, sono esattamente lo stesso libro, prima e dopo la cura, se vogliamo raccontarla così.

Un fatto è indubbio: Carver è maestro sublime del racconto breve e brevissimo, ha l'intelligenza, sostenuta dalla magistrale abilità letteraria, di mettere di fronte i personaggi delle sue storie ad abissi emotivi nei quali ogni lettore può riconoscersi, senza per questo avere la minima intenzione di descriverli.
A Carver basta accennarli, appena indicarli, per rievocare in voi un sacro terrore, una direzione in cui la vostra mente o il vostro cuore si rifiuta di andare.
Lui getta l'amo, a volte senza neanche il vermetto a fare da esca, e la vostra curiosità morbosa mischiata alle vostre paure vi fanno abboccare miseramente. Per Carver, voi siete esseri pateticamente prevedibili, leggere significa essere suoi. E felici di esserlo, aggiungo.

Ma il punto non è questo. Il punto è che le sforbiciate di Lish sono si abbondanti, ma sono anche molto precise, perfettamente pensate e direzionate.
Lish elimina completamente lo scrittore dai racconti, elimina passato e futuro dei personaggi, trasforma ogni racconto in un'istantanea della vita dei personaggi di turno.
I racconti di Principianti risultano quindi più ariosi e in un certo senso più evoluti, letteriamente parlando, se confrontati a quelli di Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.


Ma noi siamo qua alla caccia di orbite eccentriche in universi incostanti, mica possiamo accontentarci dell'opinione più diffusa.
Vi invito quindi a leggere il primo racconto della raccolta, Perchè non ballate?
Sono sei pagine, tra le più emozionanti e al contempo spiazianti che mi sia mai capitato di leggere. Una scena di vita comunissima che Carver trasforma prima in qualcosa di quasi onirico, per poi chiuderla su toni completamente diversi. Non dico di più per non spoilerare niente ovviamente.
Leggo poi lo stesso racconto nella raccolta originale, sorpresa! E' uno dei pochi sostanzialmente identici.
E qui mi viene il dubbio: in questo racconto dello scrittore non v'è traccia, non c'è niente di più della storia raccontata, della fotografia dei 3 personaggi del racconto folgorati in uno dei momenti di vera libertà della loro vita.
 
Mi dedico quindi a continuare questa lettura doppia fino a metà raccolta con il preciso sospetto che i miei gusti mi portino dritto in braccio al Carver minimalista, indipendentemente dal fatto che questo Carver sia solo una mimesi di Lish.

Ben comprendo che dalla lettura di Principianti ne esca un Carver più scrittore, e quindi capisco le sue proteste, ma i racconti di Di cosa parliamo quando parliamo d'amore mi sono piaciuti molto di più! Più cinici, molto - molto! - più cattivi, ma più belli e stranianti.
Bravo Lish, la sapevi lunga te!


mercoledì 25 novembre 2009

L'ultimo vero bacio - o del paradigma "ma tu russi?"

L'ultimo vero bacio, di James Crumley, lo trovate in (meritevole) edizione Einaudi.

Ho pensato molto a lungo a come raccontarvi di questo libro, poi ho avuto l'illuminazione: è sufficiente che vi spieghi il paradigma di mia invenzione del "ma tu russi?".
Per farlo, permettetemi di coinvolgervi in un piccolo gioco di ruolo.

Immaginiamo il solito tipo a cui piace la solita tipa fantastica.
Lui la corteggia da mesi (suggerimento: ricordatevi, mesi!), lei lo frequenta ma sempre con la solita storia del 'guardami-che-mi-sento-fantastica-ma-non-toccare. Voi maschietti che leggete mi avete capito. Anche voialtre naturalmente.

Il tipo, tra le mille e mille e mille idee che s'ingegna a proporre quotidianamente alla tipa, organizza una cena a casa propria con un po' di amici comuni.
Si mangia, si beve, si chiacchera, si beve. Dal momento che è una serata infrasettimanale, la compagnia verso mezzanotte inizia a perdere pezzi.

Ore 2.30 Zulu, a casa del tipo sono rimasti solo lui medesimo e la tipa medesima. Soli - loro medesimi. La tipa parla dituttounpo' per almeno un'altra oretta. Il tipo ascolta con un sonno boia e pure gli girano perchè la deve pure riaccompagnare a casa.
La tipa monologa e sproloquia sulla coinquilina, rea di evidente lesa maestà a causa di una funesta malattia del setto nasale che di fatto la fa russare senza sosta tutta la notte (detto fra noi, per natale il tipo gli ha già regalato dei tappi per le orecchie... fatevene una ragione).

Ore 4.00 Zulu, dopo mezzora abbondante di coinquilina, la tipa, bella bella con immacolata innocenza e svagatezza, approccia la situazione relativa alla tardissima ora con il paradigmatico (per l'appunto): ma tu russi?


"Ma tu russi?" è il mezzo attraverso il quale si manifestano concretamente diabolici meccanismi interiori, così innati da apparire innocenti, che servono solo a costruire nella propria testa castelli di false situazioni, convinzioni, idiozie, buoni a farsi una ragione di un comportamento sufficientemente negativo da doverselo giustificare ma che già in partenza si è deciso di tenere, oltretutto riassunto, svagatamente, con una battuta slegata da tutto il resto (attenzione: questa è condizione essenziale per il paradigma, perchè implica l'arguzia di chi ascolta a scoprire il gioco e comportarsi di conseguenza, senza dar modo al senso di vergogna altrui di passare il limite di guardia!)

Ergo: battuta secca che non c'entra niente, ma improvvisamente sai tutto di un (quasi certamente brutto) mondo che prima non esisteva.

L'ultimo vero bacio funziona esattamente così.
Le prime due pagine, folgoranti, raccontano tutto il libro. Di più, sono il libro.
A pensarci meglio e fare sforzo di astrazione, anche solo la prima frase è già il tutto, non vi serve altro.
Certo, vi sembrerà fuori contesto, forse così su due piedi vi dirà poco, ma il danno è già fatto: Abraham Treahorne e Firebird Roberts vivono già dentro di voi e vorrete conoscere il loro destino.
Vorrete conoscere la loro velocità.

Se qualcuno stesse pensando che questo sia un difetto tragico, lo aiuterà - confido - sapere che le 400 pagine successive sono a dir poco miracolose, emozionanti, suggestive.
Si respira sfogliando il libro tanto il puzzo dei bicchieri bavosi di birra e whisky quanto l'aria gelida di una decappottabile lanciata a manetta su qualche ruote sperduta, si percorrono migliaia di miglia in pochi giorni di racconto e non ci bastano mai le decine di disgraziati che s'incontrano, disgraziati veri perchè disgraziati dentro, contemporaneamente denudati e amorevolmente protetti dalla penna di Crumley, messi al centro di situazioni assurde, beffarde, patetiche eppure tragicamente verosimili, che sempre di vite di disgraziati stiamo parlando.

Per darvi qualche coordinata in più: se vi piacciono i noir e avete letto Chandler (prima) e Lansdale (dopo), sappiate che avete di fronte l'anello di congiunzione tra i due.
Se non vi piacciono i noir, fregatevene e leggetelo lo stesso!

Leggo in giro che questo è il capolavoro di Crumley, che non ha più raggiunto questo livello. Non faccio fatica a crederci.
Crumley qui esprime un vero e proprio culto per la singola pagina, bella come raramente capita di ammirare, riuscendo nel contempo a tenere ritmo e trama del racconto a livelli sempre alti.
Un libro sincero, forse anche troppo per qualcuno deboluccio di stomaco e di principi, e nonostante questo miracolosamente equilibrato.

Abbiate cura di Firebird, mi raccomando.
J_One

martedì 24 novembre 2009

Presentazione e benvenuto

Voglio inaugurare questo blog con un benvenuto a tutti i naviganti curiosi che hanno avuto la voglia di arrivare fino a qui. Spero che vi piaccia quello che troverete, e non posso che augurarmi il vostro indispensabile contributo di opinioni, commenti e critiche - ce ne sarà motivo, vedrete!

Perchè Universi Incostanti?
L'idea viene dall'omonimo titolo di un famoso (almeno tra gli appassionati del genere) romanzo di fantascienza di Vernor Vinge. Di questo signore tra l'altro avremo certamente modo di discutere in futuro.

Nel romanzo si teorizza una conformazione dell'universo in 4 distinte zone, all'interno delle quali valgono leggi fisiche diverse.
In particolare, man mano che ci si allontana dal centro della galassia, ci si addentra in zone via via più "lente", ovvero zone all'interno delle quali le leggi fisiche consentono di fatto meno possibilità. Per capirci, nella zona più lenta la velocità della luce è un limite invalicabile, nelle altre dove la fisica è diversa invece questo limite è abbattuto.

L'idea, nella sua semplicità, è fulminante ma soprattuttto stimolante.

Dentro Universi Incostanti parlerò di letture - soprattutto - musica, film, tecnologia, giochi e tutto ciò che vive in perenne orbita eccentrica rispetto al piano dell'eclittica del comune sentire, per riconoscerne - con il vostro aiuto! - la traiettoria e identificare le leggi specifiche all'interno delle quali questi memi funzionano, semplicemente raccontando idee ed opinioni a ruota libera.

L'idea, mi rendo conto, è tragicamente ambiziosa ma, spero, anche affascinante!

Di nuovo, benvenuti.
J_One